Ringrazio l’Autore di questo articolo Giancarlo Odoardi, Coordinatore FIAB Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta per l’Abruzzo ed il Molise e Redattore e Project Manager di OSMOCI, Osservatorio della Mobilità Ciclistica.
Interrogata al riguardo, ChatGPT, l’intelligenza artificiale generativa di OpenAI, risponde che “Le rotatorie stradali possono rappresentare una sfida per i ciclisti, ma possono anche offrire alcuni vantaggi se progettate correttamente”.
Io direi in maniera più assertiva che le rotatorie, soprattutto alcune, sono sicuramente una sfida per le due ruote, se non addirittura un rischio. Tanto che SUVA, il più grande gruppo svizzero di assicurazione infortuni, se ne occupa in maniera dettagliata riportando sul proprio portale risultati di ricerche e dando consigli ai propri clienti su come affrontarle in bici con agilità e in sicurezza: mettendosi al centro della corsia per rendersi molto visibili, soprattutto se si intende prendere uscite successive alla prima.
Nella foto 1, pubblicata in una pagina web di SUVA, si vede un uomo in bici, giovane, abile, atletico, molto sicuro di sé e ovviamente con il casco: molto performante, oserei dire. Solo che non sempre è così, anzi, forse lo è poche volte, almeno fra coloro che si avventurano in una rotatoria (perché chi sa quanti invece rinunciano, sapendo di rischiare molto nell’attraversamento).
Faccio riferimento a persone un po’ avanti con l’età, dai riflessi non sempre pronti, ma anche a quelle molto giovani, non ancora abituate a certi ambienti, ma anche a persone che seppur abili possono essere disturbate da pacchi o borse che possono rendere instabile l’equilibrio.
Andando oltre il concetto base, cioè di spazio stradale circolare che connette arterie incidenti sul perimetro, esistono tanti tipi di rotatorie, se solo si volessero considerare le dimensioni, a partire dal raggio di curvatura. Questo comunque è il dato che più incide nella progettazione e fruizione di una rotatoria, soprattutto in bici.
Riprendendo la nota introduttiva, ChatGPT avverte che “le rotatorie sono pericolose per via del traffico automobilistico intenso, di incroci complessi, della mancanza di infrastrutture ciclabili e della scarsa visibilità (il punto cieco di molti furgoni e camion). Per ovviare a tutto ciò, continua l’AI, e quindi per migliorare la sicurezza per le due ruote, “è essenziale che i progettisti tengano conto delle esigenze dei ciclisti, inserendo ad esempio segnaletica specifica per i ciclisti e corsie dedicate”. Aggiunge inoltre che “è importante che i ciclisti rispettino le regole del codice stradale e siano vigili mentre attraversano le rotatorie. La sicurezza stradale è una responsabilità condivisa tra ciclisti e automobilisti, e una maggiore consapevolezza può contribuire a ridurre i rischi per tutti gli utenti della strada”.
Una considerazione di buon senso, potremmo dire. E sicuramente lo è. Ma poi, come vengono realizzate le rotatorie? A titolo esemplificativo ne consideriamo alcune nella città di Pescara (a sud del Ponte delle Libertà e a nord del Ponte D’Annunzio) simili in moltissime altre città d’Italia e d’Europa.
Si tratta di rotatorie con un raggio di circa 15-20 metri: in entrambi i casi si è progettualmente scelto di realizzare una corsia ciclabile in sede riservata in corona, ovvero sul bordo esterno. In altri termini, è stato individuato un percorso unidirezionale in senso antiorario di 1,50 m, cromaticamente definito e con linea continua interna e discontinua esterna, in corrispondenza delle uscite.
L’obiettivo dovrebbe essere di drenare il traffico ciclistico, cioè intercettarlo con effetto calamita, all’interno della corsia. Ma su questi spazi accadono ben altre cose. Quasi aderendo alle sollecitazioni dall'”assicurazione svizzera”, i ciclisti invece tendono a rimanere al centro della corsia, ma non quella ciclabile (come nel caso delle foto 2 e 3 in via Aterno, incrocio Ponte delle Libertà, a Pescara), che non viene considerata evidentemente sicura.
In altri casi, non essendovi margini di manovra ritenuti agevoli, la rotatoria viene attraversata a piedi, con bici a mano come nella foto 4 della rotatoria prospiciente l’Ospedale Civile di Pescara.
Storia simile, ma con interessanti varianti, si ha lungo la rotatoria di foto 5-8 in Piazza Martiri Dalmati e Giuliani (zona Rampigna sempre a Pescara), dove la riservatezza del transito ciclistico deve fare i conti con il parcheggio auto. Essendo la carreggiata particolarmente generosa, chi è in auto ritiene che lo spazio cromatico azzurro, delimitato da linee continue bianche e con pittogramma bici, sia comodo, buono e disponibile per parcheggiare, potendo le due ruote transitare di lato.
In conclusione, ricordando il Codice della Strada:
c’è l’obbligo per i ciclisti di tenere la destra della corsia, in procinto di attraversare una rotatoria, specie se sguarnita di elementi di sicurezza;
è utile segnalare bene la propria presenza, agitando il braccio per indicare le proprie intenzioni;
con visibilità bassa bisogna accendere le luci, avendole obbligatoriamente a bordo.